La scena del crimine
Mostra personale di Andrea Villa
a cura di Enrico Debandi
8 – 30 GIUGNO 2018
Teatro Paesana
Via Bligny n. 2 – Torino
Ingresso libero
Andrea Villa
“Andrea Villa è lo pseudonimo di un giovane artista a cui è stato attribuito questo nome. Il vero Andrea Villa è una persona qualsiasi, che per primo aveva pubblicato su Twitter uno dei finti manifesti oggetto della mostra. Il nome venne ripreso dal quotidiano ‘Libero’ ed è rimasto ‘incollato’ all’artista.
LA SCENA DEL CRIMINE, a cura di Enrico Debandi, è una mostra antologica di tutti i lavori di Andrea Villa: soprannominato “Il Bansky torinese”, è un giovane artista dall’approccio fortemente ironico e cinico verso i fatti di attualità che reinterpreta in chiave satirica.
La mostra presenta, nell’ex Teatro di Palazzo Saluzzo Paesana, dai primi manifesti realizzati nel 2014 fino a quelli più recenti, così come alcune opere scultoree stampate in 3D di diversi “prodotti” pubblicizzati nei suoi stessi manifesti: i profumi “Eau Di Nolfi” e “Acqua di Giova”, le scatole di preservativi “Duxlex” e le confezioni di psicofarmaci “Xanalx” sponsorizzati da Bill Cosby.
L’esposizione inaugura giovedì 31 maggio alle ore 18.30 e apre al pubblico dall’1 al 30 giugno (ingresso da Via Bligny 2 – Torino).
“Andrea Villa – spiega il curatore Enrico Debandi – è lo pseudonimo di un giovane artista a cui è stato attribuito questo nome. Il vero Andrea Villa è una persona qualsiasi, che per primo aveva pubblicato su Twitter uno dei finti manifesti oggetto della mostra. Il nome venne ripreso dal quotidiano ‘Libero’ ed è rimasto ‘incollato’ all’artista. Manifesti, dunque, anonimi, che da quattro anni appaiono a Torino mettendo alla berlina il mondo della politica, assieme ai suoi personaggi e ai fenomeni sociali a loro connessi. In ogni singolo lavoro c’è un fotomontaggio, un remix di concetti e immagini che destruttura i significati, mischiando il colto con il trash, in una sorta di ‘street art’ 2.0. Questo detournement di elementi estetici, per certi versi simile al ‘situazionismo’ degli anni Sessanta, utilizza il collage e il fotomontaggio di matrice dadaista come linguaggio globale e democratico, ma al tempo stesso ‘alto’, citando in ciascuna opera elementi tratti dalla storia dell’arte. Questo ‘modus operandi’ si riscontra fin dal primo striscione di 6mx3m realizzato nel 2014 e appeso sul cavalcavia di Corso Unità d’Italia, dal titolo “Il Quinto Stato” (dedicato al celebre dipinto di Pelizza da Volpedo), in cui a corredo di una parata di personaggi politici, campeggia lo slogan ‘Solo chiacchiere e vitalizio’.
Attraverso 23 finti manifesti pubblicitari in mostra, Andrea Villa stravolge il significato del messaggio o dello slogan, inserendo di volta in volta opere emblematiche di grandi artisti. È il caso dell’“Eau Di Nolfi”, che rimanda al celebre profumo “La Belle Haleine”, ready-made a due mani realizzato da Marcel Duchamp. Di citazione in citazione, si passeggia in una sorta di galleria virtuale dove si evocano le Polaroid di Andy Warhol e in particolare il “Self Portrait in Drag” utilizzato assieme a una citazione di Honoré de Balzac che stride non poco con l’immagine di un noto personaggio politico. Oppure la celebre “Merda d’artista” di Piero Manzoni, trasformata in barattolo di acciughe per l’ex sindaco di Torino Piero Fassino. Marie Le Pen, Matteo Salvini e Donald Trump diventano così testimonial di rasoi da barba, suggerendo il tipico “moustache” dadaista che compare anche sulla Gioconda di Leonardo da Vinci reinterpretata da Duchamp nel ready-made “L.H.O.O.Q.”.
Tra le avanguardie storiche, insieme al dadaismo, vengono evocati il surrealismo di Dalì con il celebre profumo “Aphrodite”, e riciclato in una fantomatica “Acqua di Giova” e ancora il futurismo di Fortunato Depero in una falsa réclame della Campari, dove troviamo Maurizio Belpietro, giornalista e conduttore della trasmissione “Dalla vostra parte”.
Non mancano elementi derivati dai grandi maestri della storia dell’arte, come nel caso di Obama, associato a Bernini per il manifesto “Apple” o quello di Amnesty International, che associa i capricci di Goya e in particolare “Il sonno della ragione genera mostri”, dove i “nuovi mostri” sono Erdogan e Kim Jong-un, Razzi e Salvini, Putin e Trump.
L’arte contemporanea è invece rappresentata dagli scatti di Salgado e Steve Mc Curry, utilizzati in manifesti a carattere xenofobo, passando dalla pietà iperrealista dello scultore Sam Jinks, o da “Toilet Paper” di Cattelan, nascosto sulla maglia indossata dalla nipote di Mussolini, che diventa così testimonial di contraccettivi. Ancora Cattelan viene omaggiato con la sua recentissima installazione “Eternity”, inaugurata quest’anno alla Accademia di Belle Arti di Carrara, reinterpretata con il titolo di una delle opere più celebrate di Joseph Beuys: “La rivoluzione siamo noi”, ultimo tra i manifesti comparsi ad annunciare il prossimo tesseramento del Partito Democratico.
“I lavori di Andrea Villa – prosegue il Enrico Debandi – vogliono riprendere il contatto con la società dal punto di vista visivo, come nella tecnica del “brandalism”, partendo cioè dall’idea che la strada sia luogo di comunicazione appartenente ai cittadini e alla comunità. Le opere sono state collocate di volta in volta in spazi per affissioni pubblicitarie e hanno acquistato significato non tanto per essere manifesti in sé, quanto perché sono state fotografate e condivise su internet attraverso vari canali social, spesso mal interpretati o addirittura confusi con veri. L’intento dell’artista sembra essere quello di creare una situazione sociale simile alla ‘banalità del male’, descritta nel libro di Hannah Arendt, rendendo ironici ed empatici i protagonisti e i fatti raffigurati nelle sue opere, così che le persone si mettano a ridere, creando una situazione ludica e dimenticandone i potenziali risvolti. Attraverso l’utilizzo di un linguaggio pubblicitario non convenzionale, Villa cerca di trasformare l’arte da un prodotto di nicchia a un prodotto di massa, così come aveva profetizzato Andy Warhol, e ci invita a riflettere su quale sia il limite dell’informazione e della pubblicità.
“Il suo lavoro restituisce così all’arte quella capacità di lucida visione e graffiante ironia della realtà, che ci permette di sorridere delle assurdità e delle ossessioni che agitano la società contemporanea, ricordandoci in definitiva che, come recita lo slogan dell’anarchico Michail Bakunin, ‘sarà una risata che vi seppellirà’.”
UFFICIO STAMPA
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